Mohammad Khalil, Marco de Martino, Daniele Bouchard, Pierluigi Consorti e Don Severino Dianich intervengono a favore della moschea

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Intervista a Mohammad Khalil, Imam di Pisa e presidente della comunità islamica pisana.
Khalil ripercorre le vicende della moschea: da come è nata l’idea del progetto, ai primi problemi, alla situazione attuale.
“Validi motivi per dire no alla moschea non ce sono, perché comunque siamo cittadini italiani, siamo – come la vogliono chiamare – una minoranza religiosa, che ha diritto ad avere il proprio luogo di culto”. Tutto è nato con la campagna elettorale, per questioni politiche: “La politica dovrebbe governare la situazione, non innescare odi o contrasti”. Khalil ci ricorda che il terreno è stato acquistato dalla comunità islamica e che sul comune non grava (e non è mai gravato) nessun peso economico: “Anzi, si crea lavoro. Costruire significa creare lavoro, un beneficio per la nostra città”.
Il comitato “Sì alla libertà di culto” è costituito per la maggior parte da persone del quartiere: “Noi siamo presenti al CUS da più di 10 anni. Quando è finito il lockdown siamo tornati a pregare qui e non si sono accorti che ci siamo”. Khalil racconta che non si sono mai creati problemi di traffico. Inoltre gli orari della preghiera non coincidono con quelli del mercato e nemmeno con le partite: “La preghiera dura pochissimo e la maggior parte delle persone si sposta in bicicletta o in autobus o a piedi”. Racconta anche dell’esperienza di una moschea a Siena, dove la nascita di questo centro culturale ha esercitato un’influenza positiva sugli abitanti del quartiere. “Questo è un luogo aperto a tutti, di convivenza. Anche per non far sentire la comunità esclusa, per dare l’opportunità ai nostri figli di incontrarsi come si incontrano in altri luoghi”.
Intervista a Marco de Martino, membro del comitato “Sì alla libertà di culto”.
Il diritto alla libertà di culto è un diritto costituzionale. L’esigenza di difendere questo diritto è nata quando è sembrato che una parte politica lo stesse negando: “I diritti non sono deboli, ma vanno sostenuti con una cittadinanza attiva che li vigili. Siamo noi che dobbiamo rendere viva la Costituzione e i suoi diritti”.
La libertà di culto è un interesse per tutta la comunità, perché “Oggi ci sembra che l’attuale governo di Pisa cerchi di levare questo diritto ai musulmani, ma un domani potrebbe levare un diritto a un’altra minoranza, a un’altra parte di popolazione, per qualsiasi altra ragione. Non deve passare il concetto che si può levare un diritto a una minoranza”.
Anche De Martino ci ricorda che i problemi sono nati durante la campagna elettorale. Ma se “Durante la campagna elettorale era chiara l’intenzione di voler negare questo diritto, dopo con meschinità si è cercato di mascherare la privazione di questo diritto con la necessità di un parcheggio nel quartiere: è chiaramente una maschera, un’offesa nei confronti dell’onestà intellettuale e della comunità musulmana”.
L’obiettivo del comitato è anche fare incontrare e conoscere la cittadinanza e la comunità musulmana. “In questo momento siamo in aiuto della comunità musulmana. Se ci dovesse essere un’altra violazione siamo in aiuto di chiunque altro”.
Daniele Bouchard, pastore della Chiesa valdese di Pisa.
Bouchard ci racconta che per la Chiesa valdese è stata una reazione spontanea quella di unirsi alla mobilitazione in favore della libertà di culto, perché – come ci ricorda il pastore – “Per noi, essendo una minoranza da sempre, la lotta per la libertà religiosa fa parte del nostro DNA: quando questa viene calpestata noi stiamo a fianco di chi viene discriminato. Noi non abbiamo lottato per averla per noi e per poi escludere gli altri”. Bouchard racconta che a Pisa, da ormai una decina di anni, viene organizzato ogni anno un incontro di dialogo fra cristiani (cattolici, valdesi e ortodossi) e musulmani: un’esperienza a Pisa molto positiva, perché ogni comunità ha da sempre mostrato interesse nei confronti delle altre fedi religiose.
“La propaganda che altri fanno per cui ci sarebbero due civiltà contrapposte, due approcci alla vita, al mondo, alla società incompatibili è una tesi che noi non condividiamo e contro cui combattiamo” perché all’origine del fanatismo religioso (che non è solo islamico “perché ogni religione ha i propri fanatici”). “Per prevenire il fanatismo noi pratichiamo il dialogo”.
“Io sono fiducioso, penso che lotteremo, che anche i pisani rassicureranno e si convinceranno. Nei prossimi anni vedremo la moschea costruita e anche lì potremo fare dei bei incontri culturali e di dialogo”.
Pierluigi Consorti, professore ordinario di diritto ecclesiastico e diritto canonico. E’ stato un membro del Comitato dei garanti che aveva il compito di giudicare la legittimità del referendum proposto contro la realizzazione della moschea a Pisa.
Il referendum a Pisa è stato chiesto in due occasioni diverse: una nel 2016 e una nel 2017. Il problema sostanziale era che questo referendum, che appariva di carattere urbanistico, non aveva sostanza solo urbanistica: insisteva su un diritto costituzionale, quello della libertà di culto, cui è collegato anche il diritto ad avere un edificio di culto.
Ci sono state anche altre leggi regionali, per esempio in Lombardia, che hanno proposto la possibilità di sottoporre al referendum popolare la costruzione di moschee e la Corte Costituzionale ha detto che questo non è possibile proprio perché non si può chiedere al cittadino di esprimersi su questioni che possono incidere su diritti costituzionali: “Il popolo è sovrano nella forma e nei limiti della Costituzione”.
Consorti ci ricorda che quello pisano è soltanto uno dei tantissimi episodi di contrasto alla costruzione di moschee, non solo in Italia. “L’eccezione islamica sta nel fatto che preferiamo guardare all’Islam non come a una religione, ma come a una cultura politica diversa. E quindi ogni volta che c’è da considerare un diritto di libertà pensiamo che sia piuttosto da guardare la questione dell’ordine pubblico, cioè prevale l’idea che l’Islam sia la religione dei terroristi, la religione che non riconosce i diritti delle donne”.
Innanzitutto bisogna fare uno sforzo di conoscenza da parte di tutti: dovrebbero farlo i musulmani per rendere disponibile anche agli altri la capacità di essere conosciuti per la loro verità. Poi dall’altra parte ci deve essere la disponibilità a conoscere, incontrare, capire. “Dobbiamo essere consapevoli che il mondo è plurale e che sarà sempre più plurale”.
Don Severino Dianich.
I conflitti di natura politica ed economia non impediscono lo scambio culturale, che rimane sempre qualcosa di possibile e di positivo. “Tutte le religioni sono state colpevoli, però oggi bisogna riconoscerlo. Oggi un fattore innovativo è che i rappresentanti delle grandi religioni si incontrano per dialogare e intendono convivere in pace. Questa non è la stessa cosa che proporre una forma di sincretismo, è un altro discorso. L’incontro è fruttuoso in quanto ognuno porta il suo contributo”.
La trasformazione dei luoghi di culto da una religione all’altra è stata un fenomeno fisiologico nella storia: “Quando i templi pagani di Roma venivano disertati perché non c’erano i sacerdoti che li frequentassero, i cristiani li hanno trasformati in chiese; quando i musulmani hanno occupato la Spagna hanno trasformato le chiese in moschee; quando i turchi hanno conquistato Costantinopoli hanno trasformato la basilica di Santa Sofia in una moschea. Poi questa è diventata un museo”. L’importante è che queste siano trasformazioni fisiologiche, sennò si deve parlare di forzature ideologiche.
Il fatto che una moschea sia edificata a Pisa per la chiesa cattolica significa rendersi conto che il cambiamento è avvenuto nella società ed è il momento di prendere atto dei fatti: “La chiesa cattolica in Europa, prima delle riforma protestante, è vissuta sempre nella convinzione che l’Europa era un mondo cristiano”. Con la riforma protestante la società si è spaccata in due confessioni, con la rivoluzione francese in tre (cattolici, protestanti e laici), con l’avvento delle migrazioni degli ultimi decenni si è spaccata in numero n confessioni: ecco l’arrivo della mescolanza di religioni diverse. La libertà religiosa è un bene comune, di assoluta e fondamentale importanza per la democrazia.
“Dai sondaggi risulta che molti che si professano cattolici votano Lega, in nome della difesa della civiltà cristiana. Cos’è la civiltà cristiana? Questa è la domanda. la missione della Chiesa è difendere la civiltà cristiana o la fede?” La cultura e la fede non coincidono. “Chi l’ha detto con chiarezza è il presidente dell’Ungheria Orban, il quale ha detto: noi vogliamo una società cristiana illiberale”. Si tratta di questioni politiche, la fede non c’entra. Si assiste però a un fenomeno di strumentalizzazione, da cui una fede sincera deve guardarsi con molta attenzione”.

Vieni a vedere cosa ne pensa la cittadinanza nelle nostre street interviews!

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